Cappella dei Giureconsulti

Cappella dei Giureconsulti

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La Cappella dei Giureconsulti è oggi un’architettura scomparsa, ma che per secoli ha rappresentato il cuore pulsante delle attività del palazzo, assunta a simbolo della committenza dell’ edificio, voluto da Papa Pio IV, che concepì anche, con precise indicazioni, la costruzione di una chiesa-cappella, intitolata a S. Giovanni Evangelista e agli Angeli con l’obbligo della celebrazione della messa quotidiana.
Architetto di questo ambiente sacro fu l’architetto dello stesso palazzo dei Giureconsulti, Vincenzo Seregni; la storia costruttiva della cappella fu strettamente connessa alla realizzazione del progetto dell’intero palazzo. Nelle intenzioni originarie del Seregni, la cappella avrebbe dovuto assumere una posizione assiale, con un’entrata diretta dalla piazza dei Mercanti, dall’arco corrispondente alla base della torre di Napo Torriani, successivamente occupata dalla nicchia contenente la statua prima di Re Filippo II, poi di S. Ambrogio.
La torre, avrebbe dunque assolto non solo la funzione di campanile della sottostante chiesa-cappella, ma anche di vestibolo, secondo le intenzioni progettuali iniziali che prevedevano uno “svuotamento” del suo nucleo, assottigliandone lo spessore delle murature; era prevista anche la costruzione di un piccolo catino absidale esterno ai volumi della costruzione e debordante sul sedime stradale della retrostante via delle Farine.
Il progetto venne poi abbandonato, senza un’effettiva motivazione; probabilmente, si riscontrarono diverse difficoltà, legate sia all’impossibilità di procedere strutturalmente al previsto “svuotamento” della torre, sia alla poco opportuna costruzione del catino absidale, che avrebbe ristretto la sezione della già stretta via delle Farine, ma soprattutto, s’impose la volontà di non interrompere la continuità interna degli ambienti del palazzo.
La posizione baricentrale della cappella avrebbe inevitabilmente portato una divisione in due ali distinte dell’edificio, che non si sarebbe risolta se non a prezzo di far assumere a questo ambiente sacro, che necessariamente richiedeva silenzio e raccoglimento, le funzioni di un ambiente di passaggio.
La cappella si confermò comunque il baricentro della costruzione, ma assunse una posizione completamente perpendicolare rispetto a quella inizialmente prevista., con una piccola abside quadrata posta sul lato orientale dell’ambiente che attualmente è antistante alle cabine degli ascensori.
La comunicazioni tra le due ali del palazzo era assicurata dal portico esterno e dal breve corridoio che ancora oggi attraversa la torre. I lavori per la realizzazione della cappella, secondo le cronache di cantiere, potevano dirsi finiti nel 1585. Le decorazioni pittoriche furono eseguite in un arco temporale molto più lungo. Ed in particolare: l’altare da Ambrogio Figini, con la rappresentazione di una Vergine con il Bambino, si affiancò alle nicchie decorate da Giulio Cesare Procaccini; l’apparato decorativo della volta fu eseguito da Antonio Busca.
La funzione di questo ambiente permase fino al 1798, quando le soppressioni napoleoniche abolirono la sua funzione sacra e lo riconvertirono a magazzino delle opere d’arte religiose confiscate al clero, da trasferirsi in Francia.
Gli ultimi lacerti decorativi e materiali dell’antica cappella di Provvisione , (peraltro da quasi un secolo utilizzata come magazzino e con l’antico spazio dell’aula suddiviso da tramezzature, con servizi igienici posti nell’abside) scomparvero con i lavori di ristrutturazione del Palazzo, nel 1911-1913, a firma dell’architetto Savoldi e dell’Ing. Piero Bellini;
il suo spazio venne trasformato in un ambiente a doppia altezza, oggi scalone d’onore del palazzo; la piccola abside scomparve per allargare lo spazio dell’andito delle scale di servizio, e il soffitto venne demolito per ricavare lo spazio a doppia altezza del salone.